Breve storia e intenti del Mo Art Space

Breve storia e intenti del Mo Art Space
In italiano arcaico o regionale, ‘mò’ vuol dire ‘ora, adesso, in questo istante’. Ma gli amici che hanno scelto di chiamare così il nostro spazio non lo sanno. Comunque lo spazio Mo (Mo Art Space) ora esiste. E’ nato prima che i fondatori avessero avuto il tempo di teorizzare, di chiarirsi del tutto le idee sul motivo della sua creazione. E’ nato da un grande, deciso atto di volontà di due cugini, Xing Peijun e Shen Weifeng, dall’impegnativo e coraggioso investimento di Shen Weifeng, dal sostegno di alcuni amici artisti e dalla collaborazione dei genitori di Xing Peijun. Io inizialmente, da nomade quale sono, ne avevo sconsigliato la realizzazione immaginando difficoltà di tutti i generi.
Una sera di maggio del 2014, sei giorni prima dell’inaugurazione della prima mostra, dedicata per volere degli amici di Xinmi al carissimo amico e insostituibile interlocutore Maurizio Giuffredi (scomparso in agosto 2013), a mezzanotte, dicevo, sono approdata alla porta d’entrata in ferro del Mo Art Space e sono stata introdotta nel grande spazio, nel giardino illuminato e pieno di alberi, nella casa e addirittura in quella che mi hanno presentato come ‘la mia camera’. E’ stata una grande emozione e una sorpresa rara. Mi sono resa conto solo la mattina dopo di come tutti fossero preoccupati per l’imminente inaugurazione: nulla era ancora a posto.
Ma il giorno seguente, con la difficoltà di tutti gli inizi, le cose hanno cominciato a funzionare, i problemi a essere risolti uno a uno, la mostra a prendere forma, gli animi a tranquillizzarsi. E prima del giorno dell’apertura c’è stato il tempo di andare a fare un giro in campagna, di farsi fare qualche massaggio ai piedi, di chiacchierare, di accogliere molti ospiti venuti da luoghi diversi.
Nella mia esperienza di curatrice, il momento che mi piace di meno è l’inaugurazione, quando si ‘licenzia’ un qualcosa che dovrebbe essere finito, perfetto, e lo si consegna agli occhi sempre diversi e imprevedibili del ‘pubblico’. Mi capita di pensare spesso a quanto poco fortunati siano i visitatori a trovarsi di fronte al frutto, allo svelarsi conclusivo di un lavoro così lungo e così interessante, così denso di particolari, di pensieri, di attenzioni, di sinergie, di cui peraltro sono totalmente ignari. Mi consola il fatto che quando guardano le opere messe nel luogo che ho scelto del tutto ‘arbitrariamente’, so che le riempiono del ‘loro’ senso, che ne vengono colpiti o lasciati del tutto indifferenti, a seconda se esse ‘risuonino’ in sintonia con il loro vissuto o no.
Durante l’estate del 2014 Meng Huang , vecchio amico e bravo pittore, ha sfidato le alte temperature ed ha dipinto qui alcuni dei suoi quadri della serie ‘Lontano’, ha condiviso la quotidianità con Si Long (Quarto Drago), il bravissimo ‘tuttofare’ e nume tutelare del luogo, colui che iniziando la mattina con la pulizia del cortile, prosegue dando una mano imprescindibile in tutti i lavori che la giornata richiede, dai più banali ai più delicati. Meng Huang ha messo in mostra una ventina dei suoi grandi dipinti scuri, ha intrattenuto i visitatori con i suoi dialoghi provocatori, arguti, mai scontati o tesi a dare ragione all’interlocutore per il puro amore della pace, vòlti piuttosto al contraddittorio.
In ottobre del 2014 lo spazio ha ospitato Daniela Rosi, importante curatrice italiana di artisti ‘outsider’ e la sua pupilla, Caterina Marinelli, la cui incontenibile vitalità si è tradotta nella creazione in loco di una ventina di opere in terra cruda e carta di giornale, con ‘cani’ di varie razze come unico, prediletto e familiare tema. La mostra di Caterina, intitolata per l’appunto ‘Cani’ è stata abbinata a quella, curata dalla sottoscritta, di Pan Tao, brava pittrice di Zhengzhou, denominata ‘Gesti del quotidiano’. Le sculture e i dipinti hanno creato un ambiente di notevole impatto visivo e molti hanno trovato aspetti in comune fra le opere, pur così distanti all’apparenza.
L’anno 2015 ci mette di fronte a nuovi impegni e a questioni di ‘normale amministrazione’ accanto a scelte creative. Uno dei grandi spazi che fanno parte del complesso, le cui caratteristiche lo rendevano poco adatto ad essere sede espositiva, è stato dedicato a diventare un professionale magazzino delle opere che fanno parte della collezione temporanea dello spazio. Le rastrelliere che ospitano i dipinti sono state disegnate appositamente, basandosi sull’esperienza di spazi pre-esistenti. L’altra metà sarà dedicata alle conferenze e ai laboratori, e verrà utilizzata come area di ‘riposo’ e approfondimento per i visitatori dello spazio.
I visitatori dello Spazio Mo vengono soprattutto, ma non solo, dallo Henan. Giungono in automobile e restano perlopiù piacevolmente stupiti; arrivano qui perché qualcuno dei loro conoscenti ha parlato loro di una ‘inconsueta’ realtà nel ‘mezzo del nulla’ in una campagna fra le miniere di carbone e le colline. Nonostante lo Spazio Mo sia a dir poco periferico, rispetto a quelli che sono oggigiorno i centri artistici cinesi (Pechino, Shanghai in primis), i visitatori non mancano mai. Questa realtà ci dà speranza e ci conferma come la necessità di ampliamenti culturali, di esperienze diverse da quelle garantite finora nelle scuole e nei musei istituzionali, sia diffusa. Lo spazio Mo esiste proprio per soddisfare tale tipo di esigenze. Crediamo che lo Henan, a suo tempo culla della civiltà cinese e ora la più popolosa regione della Cina, luogo di origine e diffusione del Buddismo Chan e terra di gente legata alle tradizioni, generosa e ospitale, nonché patria di molti dei migliori artisti contemporanei, possa uscire da un periodo di ‘sonnolenza’ culturale e sia pronto per confrontarsi in termini paritari con esperienze e saperi diversi.
La scelta delle mostre future, attualmente affidata alla sottoscritta, è suggerita da considerazioni che riguardano la qualità degli artisti e delle opere che si intendono esporre, la promozione di un dialogo approfondito fra artisti di varia provenienza e fra loro e i visitatori, il confronto di diversi linguaggi artistici, di differenti attitudini nel confronto del proprio agire artistico. Nessun linguaggio, nessun medium, nessun pensiero particolare viene considerato l’unico o il migliore. Sono la diversità, l’apertura, la convivenza di punti di vista vari ma di alta qualità ad assicurare senso e ricchezza alla nostra esperienza in quanto ‘operatori culturali’, ed è questo che speriamo di poter comunicare ai visitatori.
Si proporranno anche conferenze e seminari aperti al pubblico su temi vari, tenuti da esperti di diverse nazionalità. Il primo seminario di scultura in terra cruda l’ha tenuto Caterina Marinelli, dedicandolo a un gruppo di bambini di Zhengzhou. La conferenza di Daniela Rosi intitolata genialmente ‘l’arte necessaria’ sull’arte outsider, nell’ottobre 2014, è stata di grande pregnanza e con quasi certezza la prima nel suo genere in Cina.
L’intento del Mo Art Space è quello di creare un ambiente dedicato all’arte e alla cultura dove confrontarsi con i lavori di esseri umani per i quali l’espressione artistica è una priorità, una necessità assoluta, una maniera unica e originale per esprimersi in profondità e sincerità, in grado quindi di suscitare nei fruitori sentimenti altrettanto veri e profondi. Le opere esposte posseggono un “quid” che va ben oltre lo statuto di ‘oggetto’ commerciale a cui l’arte viene ormai quasi ovunque relegata: contengono uno spiccato aspetto ‘spirituale’, sovra-materiale che è a mio parere la qualità fondamentale e inalienabile dell’arte.
Si tratta di una grande sfida, quella in cui ci siamo cimentati, …
Ognuno sogna i sogni che si merita (G. Bufalino)

Monica Dematté, Vigolo Vattaro, 27 gennaio 2015